Il futuro della moda può racchiudersi in un ologramma

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In un’epoca in cui l’asticella della tecnologia si alza sempre più è difficile immaginare un futuro di moda.

Mi spiego meglio. Se la realtà degli e-commerce ha certamente modificato il comportamento di acquisto per tutti noi, aprendo sì nuovi mercati, ma limitando il commerciante da “bottega”, vale la pena fare una digressione ed un’ipotesi su cosa ne sarà dell’abbigliamento inteso come singolo capo indossabile.

Da pochi giorni abbiamo visto una fiabesca Zendaya Coleman accendere il proprio vestito per il Met Gala 2019 ed illuminarlo sul red carpet e da anni siamo abituati alle nanotecnologie integrate, mostrandoci quanto ormai le funzionalità dell’abbigliamento vadano oltre alle teorizzazioni di Veblen, Flugel o Simmel, legate a società che non ci rappresentano più. Nella digitalizzazione della quotidianità il vero rischio potrebbe essere la scomparsa vera e propria del vestito. Se le sfilate spettacolo sono sempre più propense all’utilizzo di ologrammi a sostituzione delle modelle, se i siti web diventano sempre più interattivi, permettendo esperienze di shopping on-line decisamente futuribili, quanto mancherà all’arrivo di un guardaroba simulato, dove il check-up della nostra figura diventi la base per mostrarci cosa abbiamo di disponibile nell’armadio e donarci una simulazione di vestibilità?

E se il nostro futuro è sempre più in connessione con delle protesi come personal computer e device, se la vita sociale si racchiude in un “black mirror”, quanto passerà dalla necessità di vestirsi per accedere all’esterno delle nostre abitazioni all’assenza di questa necessità? Il passo è abbastanza breve peer pensare di poter proiettare sui nostri corpi tutto ciò che ci serve per semantizzare il corpo, senza realmente indossarlo. E allora su quale piano si potrà parlare di moda? Forse solo ad un livello di immaginazioni e competenze tecniche puramente grafiche/informatiche. Non dovremmo stupirci nel prendere in considerazione questi temi quando il bitcoin è l’esempio dell’integrazione della vita virtuale e la vita reale. Già dal 2003 esistono stilisti a tutti gli effetti che creano e vendono capi stravaganti per i personaggi del game Second Life, per una piattaforma che conta 1,1 milione di iscritti. Giungerà rapido il momento in cui l’abbigliamento si trasformerà in altro, e sarà pura digitalizzazione dei gusti, degli usi e dei costumi di un’area globale.

Di: Iryna Roncari

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